Fin dal 1890 don Lorenzo promosse la nascita di Casse rurali sul modello
Raiffeisen come suggeriva il Consiglio provinciale d’agricoltura ma
“con esito negativo e ciò in primo luogo per la novità della
cosa, specialmente per la garanzia illimitata, cui devono
assoggettarsi i soci” (dove cioè i soci si univano solidalmente rischiando illimitatamente i propri averi in caso di fallimento) oltre che per la difficoltà degli
statuti. Fu così che venne stabilito di formare in seno al Consorzio agrario
distrettuale di Trento un comitato composto da Augusto de Panizza e
Giovanni de Zotti per redigere uno statuto semplificato da utilizzare
per la formazione delle nuove Casse rurali. Dopo soli due mesi dalla pubblicazione dello statuto si tenne a Quadra il 17 luglio 1892 la prima riunione per la costituzione di una Cassa rurale di prestiti e risparmio e “17 soci diedero il loro
nome. In una delle prossime domeniche vi sarà la formale
costituzione della Società. Nasce modesta e senza pretese, ma sembra
animata a fare però sul serio quel poco che farà. Auguro sia
scintilla di maggiori incendi”. Subito dopo ne fu nominata la prima direzione.
In data 29 settembre il nuovo ente fu iscritto al tribunale di
Rovereto e il 15 dicembre la Cassa di prestiti e risparmio dava
finalmente il via alle sue operazioni. Nel corso del 1893 i soci aumentarono fino a 40 e la nuova Cassa,
inizialmente sostenuta a livello di capitali dalla Cassa di risparmio
di Trento, ora si sosteneva da sola. Per sottolineare l’utilità delle Casse rurali per tutte le persone
che risiedevano nel raggio ristretto d’azione della struttura, don
Lorenzo rimarcava che “i primi possidenti di Fiavé e di Quadra
li abbiamo veduti tra i primi ad ascriversi ed ancora ad assumere le
cariche sociali”.
Il corpo sociale delle Casse rurali era formato prevalentemente da contadini, sprovvisti di liquidità e con sostanze fondiarie spesso di piccole dimensioni (piccoli appezzamenti, coltivati soprattutto per l’autosostentamento delle loro famiglie, molto numerose). La prima sede della Cassa rurale fu la canonica di Larido. L’abitazione del sacerdote aveva una funzione sociale: in caso di necessità i curaziani vi trovavano conforto. I mezzi erano scarsi, ma sufficienti a far funzionare questa prima realizzazione. Dal nucleo originario di soci scaturì il primo presidente: Antonio Fustini, detto «Bressanel». Nato nel 1845 a Larido, contadino, era sposato con Virginia Iori. Nel 1891 fu nominato fabbriciere della chiesa di Sant’Antonio di Bivedo, con atto redatto da don Guetti. Per un periodo ricoprì anche il ruolo di rappresentante comunale di Quadra. Gli altri soci avevano un’età compresa tra i 47 e i 61 anni: si trattava di Giovanni Battista Fustini di Larido (1835-1910), Giovanni Andreolli «Raiso» di Larido (1835-1909), Luigi Bellotti di Cavaione (1838-1906), Francesco Baroni di Larido (1842-1922), Angelo Caliari di Larido (1843-1909), Clemente Fina «Finaro» di Marazzone (1845-1905), Antonio Rocca «Pilon» di Cavaione (1831-1906). Quest’ultimo era celibe e di professione faceva il tagliapietre: fu lui a sbozzare, nel 1863, il grande masso di tonalite trovato in località San Bernardino, cioè il piedistallo con le nicchie del monumento alla Croce presente presso lo spiazzo della pieve del Bleggio; nel 1875-1876, insieme ad Antonio Frerotti da Madice, realizzò la gradinata che dal monumento porta alla strada.
Nel «Giornale pei depositi a risparmio», al n. 1 troviamo don Guetti e al n. 2 una donna: Maria Andreolli (1838-1903), vedova di Tommaso Fustini, che nel Libro soci è registrata al n. 25. Sono anche presenti vari enti, che testimoniano l’impegno della Cassa rurale a favore di tutta la comunità: al n. 5 è iscritto il Consorzio agrario distrettuale di Santa Croce, al n. 28 il «Comitato incendiati Marazzone», al n. 36 la «Congregazione di carità di Quadra», al n. 43 il «Comitato incendiati di Cavaione». In un articolo su "La Famiglia Cristiana" don Lorenzo esaminava la situazione della cassa rurale dopo circa tre mesi di attività
Il ruolo preponderante giocato da don Guetti fu, sia sul piano
teorico ma soprattutto a livello pratico, promuovendo una via di
successo adeguata alla realtà trentina ed alle istanze della sua
gente. Ne sono esempio la garanzia illimitata basata sulla fiducia
reciproca tra i soci e le quote sociali: “Questa quota nelle
nostre società è abbastanza bassa perché vi arrivino tutte le
borse anche piccole; p.e. due corone nelle Casse rurali e poco più,
e corone 10 al sommo nelle Famiglie cooperative. Noi le quote le
mettiamo basse per non aggravare i soci di esborsi anticipati
vistosi, quanto per non dare ansa a maggiori tasse d’imposizione”.
Un altro motivo di successo fu un raggio di azione ristretto tale da
garantire la circolazione del denaro e una migliore vigilanza
reciproca. Infatti “la vita sicura, prospera, fiorente di una
Cassa rurale dipende in modo speciale dal ben conoscersi tra soci,
dal ben conoscere la loro onestà, il credito che hanno, le garanzie
che possono dare, e l’uso che fanno dei danari che prendono ad
imprestito”.
In ultima circostanza don Guetti volle l’esclusione di affari
arrischiati e soprattutto “che l’unione si faccia vera,
cordiale, senza secondi fini, ma solamente al fine unico di aiutarsi
a vicenda tutti per uno ed uno per tutti”.
Senza dubbio la Cassa rurale di Quadra nel paese di Larido divenne
“scintilla di maggiori incendi”: nei 3 anni successivi
nacquero infatti ben 12 consorelle soprattutto grazie all’opera di
propaganda del curato giudicariese sia dalle colonne dei giornali che attraverso la diffusione di statuti e la sua attività di conferenziere.
Il grande merito di don Lorenzo, oltre alla promozione dell’ideale
cooperativo sia a livello pratico che teorico, fu quello di porre la
propria persona a garanzia ed esempio per l’intero movimento
cooperativo che si stava sviluppando. Ne è testimonianza la sua
firma quale primo socio della Cassa rurale di Quadra. Lo stesso don
Guetti scrive: “E come me ve ne sono moltissimi, se non tutti,
tra il nostro clero, e s’io mi sono messo prima degli altri, fu un
mero accidente, e meriti non ne trovo tanti per questo, e non ne
aspetto neppur il guiderdone a questo mondo; lo spero però da Domine
Iddio”.
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