"La Famiglia Cristiana", 22 ottobre 1894 (Malore e morte a Limarò di un giovane carrettiere di Ragoli, grandinata e conseguente gelata nelle Giudicarie; fiera bovina del primo Termine a Tione; nascita di due nuove casse rurali a Creto e a Bersone; discorso dell'onorevole don Salvadori; diserzione di una recluta giudicariese),
Giudicarie, 18.
(Cronachetta). Sotto questo
titolo, piacendo a Dio, di quando in quando verrò segnando ai
lettori di codesto giornale quei fattarelli che meritassero una
qualche memoria per la storia paesana. Non ho pretese di sorta; sono
ventisette anni che faccio lo scribacchino di fogli senza far
commuovere nissuno fin qui a regalarmi una penna d'oro, e continuerò
senza pretendere altro che di far un pochino di bene al mio paese,
esclusa l'intenzione di far del male a chicchessia. Dunque siamo
intesi, ed eccomi con voi.
Ante omnia, de Principe. L'altra
settimana sullo stradone del Limarò fu preso da malore gravissimo un
giovine carrettiere di Ragoli. Fu ricoverato al maso di Limarò ed
ivi curato, ma il poveretto dovette perire e ieridì venne condotto
alla sepoltura. L'amatissimo nostro principe vescovo che da alcun
tempo si trova alla sua villetta di Sarche, saputo del triste caso,
fu a Limarò a trovare l'ammalato, e mi si dice ch'egli stesso gli
abbia amministrato l'Estrema Unzione. Nel bell'atto di carità era
accompagnato dal m. rev.do Don Vigilio Cadonna suo amministratore.
La gragnuolata portataci da
settentrione lunedì 15 corr. Ci regalò un abbassamento di
temperatura improvviso. Martedì e mercoledì ebbimo due forti
brinate da danneggiare i polloni dei gelsi; oggi il tempo è mite, e
mentre scrivo piove. Forse quest'acqua sarà un medicamento della
burrasca.
Mercoledì 17 corr. alla fiera del
primo Termine a Tione si ebbe un concorso di bovini simile a
quello di S. Giustina. Fu una cosa veramente insolita; furono
numerati oltre i 2000 capi. I prezzi segnano una mitezza poco gradita
per lo smercio. I detentori, se non sono costretti da troppe urgenze
famigliari, ed in molti casi lo sono purtroppo, amano governare
i loro bovini piuttosto che scavezzarli via, frase tutta
nostra giudicariese che dinota lo stracciamercato.
Qui da noi la cooperazione fa progressi
da gigante, in modo da confermare una cara frase uscita da labbra
preziose giorni fa: Le Giudicarie sono la più bella gemma della
diocesi trentina. A Iavrè in Rendena nacque una novella Famiglia
cooperativa, e s'ebbe già il sussidio dei 200 fiorini; è la
settima sorella giudicariese.
A Creto ed a Bersone sono già
costituite due nuove Casse rurali, le quali di giorno in giorno
comincieranno a fare le loro provvide operazioni seguendo l'esempio
delle due altre sorelle più anziane di Quadra e di Fiavé. Dunque
abbiamo qui undici società cooperative nelle sole Giudicarie
instituitesi al solo scopo di aiutare questo povero popolo, degno di
sorte migliore. Il popolo benedice i promotori di queste benefiche
associazioni, e corre ad associarvisi, ma non mancano gli sfruttatori
del popolo che le combattono e dicono corna e peggio dei promotori e
delle stesse società. E ciò sta bene; è il vero indizio che si
lavora diritto e che si toccò la biscia sulla lunga coda.
Dirà il lettore: perché mai in
Giudicarie la cooperazione fa progressi così luminosi, mentre in
altri luoghi forse appena se ne sente parlare? Lo volete proprio
sapere? Eccolo: perché il prete giudicariese non si contenta solo di
stare in sacrestia, ma ama uscirne e trovarsi col popolo. In
questo contatto il prete vide e trovò un popolo sfruttato e che si
raccomandava per pronto aiuto. Il prete accennò al modo di aiutarsi,
ed il popolo s'aiutò e si aiuterà ancor più se certe costellazioni
a nord vorranno far risplendere sul nostro orizzonte quell'iride
sospirata, perché necessaria, dell'autonomia. Noi intanto, clero e
popolo, stretti ad un patto, stiamo saldi alla consegna per l'unico
modo più proficuo al desiato intento designatoci chiaramente ed
energicamente nel discorso di Tione del nostro deputato al consiglio
dello Impero, l'onorevole don Salvadori; e se dietro a noi tutto il
Trentino venisse compatto come falange serrata, saremmo sicuri del
finis infantiae! Ci seguiranno i fratelli? Noi intanto li
precediamo fidenti... le gemme devonsi portare in fronte...
Dulcis in fundo. Fra le nuove reclute
giudicariesi, portatesi a Riva all'istruzione dei bersaglieri
provinciali, ne fu assentata una di quasi nissun comprendonio. La
commissione di leva ne fu avvisata, ma il giovane venne ritenuto
veramente abile, e bastò perché si dovesse consegnare ai primi del
corr. Mese assieme agli altri. Non vi posso dire quai progressi abbia
fatto il povero ragazzo nelle esercitazioni e come abbia appreso le
esercitazioni in lingua differente da quella colla quale non imparò
neppur il catechismo. Ma vi posso dire invece che ieri per tempissimo
la recluta, vestita in civile, scappò di caserma e venne a
rifugiarsi da sua madre come se fosse una cosa da nulla! I genitori
invece si mettono in pronto all'arme per questa fuga di nuovo conio.
Ne danno parte al comune ed al curatore d'anime, i quali tosto fanno
ritornare il ragazzo al suo posto accompagnatovi dal padre e da un
rescritto col quale si prega di compatire la dabbenaggine
dell'individuo che è poco meno che scemo. - Il ragazzo pedinava già
da due ore per Riva, quando l'i.r. Gendarmeria, avvisatane per
telegramma, veniva in paese in cerca del disertore. Si dice da noi,
che andando militare o bersagliere si fa giudizio; vedremo se il
mestiere è buono anche per portare l'intelligenza a chi non ne ha. -
Nel caso ci sarebbe un argomento in più per far passare la legge sui
bersaglieri nella prossima Dieta, senza tante condizioni che non si
vogliono. - Al caso ve ne dirò l'esito a suo tempo.
Il Cronista
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