martedì 27 novembre 2012

La società politica dei cattolici tridentini

"La Famiglia Cristiana", 25 aprile 1892 (Società politica dei cattolici tridentini)

Dalle sponde del Sarca, 21
Veramente seria e piena di assennate osservazioni fu la corrispondenza dalla "Val d'Adige" stampata sulla Famiglia Cristiana dei 15 cor. a proposito della futura Società politica dei cattolici tridentini. Non potete immaginare quanto mi stia a cuore tale istituzione, per la quale da anni ho lavorato e scritto non poco senza però venire mai ad un pratico e finale risultato. Ma ora vedo che non fu un predicare al deserto. In tutti i cattolici, senza distinzione di partito politico, è entrata l'idea, è sentita la necessità di realizzarla, e quel che più conta, di realizzarla in modo tale che abbracci la maggioranza, anzi la totalità dei cattolici, sia del clero che del laicato, con un programma franco, netto, giusto, sotto il duplice aspetto della religione e della patria. Il ferro va battuto quando è caldo, e quindi anche questo argomento importantissimo dovrebbe formare il tema di ogni numero dei nostri giornali cattolici. E' vano lo spaventarsi per qualche eventuale divergenza di opinioni che qua e là potrebbero notarsi nei varii corrispondenti; vedrete che si finirà per intendersi sulle linee principali ed essenziali.
Il nostro articolista sopra lodato mette per condizione sine qua non onde preparare il terreno a detta società che il giornalismo cattolico sia più diffuso e più pratico nelle sue pertrattazioni.
Pienamente sottoscrivo a questa asserzione; e mi permetto ancora di farvi poche aggiunte che non saranno fuor di luogo.
Interessa intanto che i giornali ora esistenti trattino in largo e lungo, nobilmente, senza reciproche recriminazioni le quistioni nostre della giornata, ed in particolare questa della desiderata istituzione politica. I lettori poi di questi giornali non devono limitarsi a leggere queste pertrattazioni essi soli, e poi gettare il giornale in un cantuccio. No: essi devono procurare altri lettori, passandolo agli amici, ai conoscenti, anzi donandolo a molti del popolo che sono amanti della lettura e che fra tanti hanno maggior comprendonio per simili cose. Io conosco qualche Curato di campagna, che dopo aver letto il suo giornale lo passa ai propri curaziani i quali uniti in circoli ed in crocchi lo leggono avidamente, vi fanno su le loro chiose e ne formano argomento dei loro discorsi, sia nelle serate d'inverno, sia nel pomeriggio dei dì festivi. Più volte ho veduto anche qualche Curatore d'anime col giornale in mano spiegare certe questioni ai suoi buoni contadini e intavolare formali discussioni si politiche che amministrative. L'aumentare dunque i lettori dei giornali cattolici in questo modo mi sembra facile ottenersi. Non sarà difficile ancora il formare addirittura in tanti paesi dei circoli di lettura, nei quali può farsi vedere di frequente sia il prete, sia qualche altro franco cattolico, che valga a tener viva la discussione sopra le questioni che ci interessano più davvicino spiegandole e sminuzzandole in guisa che tutti le intendano bene. In questo modo quante idee quà e là meno giuste si aggiusteranno, e quanta maggior stima si avrà reciprocamente tra coloro che istruiscono e restano istruiti! Lo provo per esperienza ogni giorno. Qualunque istituzione nasca in un paese, sia di indole religiosa, sia agricola o cooperativa, pria di realizzarla vien sempre trattata in largo e in lungo ripetutamente nei circoli del paese e perfino nei filò d'inverno, e solo dopo tali pertrattazioni l'istituzione un bel dì diventa un fatto compiuto. Così avverrà anche con questa nostra Società in fieri. Ognuno intanto la faccia tema dei discorsi famigliari, dei circoli paesani; chi è da tanto, tragga in moneta ai suoi amici l'importante argomento, e mentre vi sono coloro che pensano pel programma e per lo statuto della Società, altri vi sieno che le preparino numerosi soci, e tutti attivi ed intelligenti. Ad altra volta altre cose.
S.
Favrio dopo l'incendio del 9 agosto 1937

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