"La Voce Cattolica", 1 aprile 1886 (vertenza di don Guetti relativa al compenso dei sacerdoti collegata ai tanti doveri e alla povertà dei curati di campagna)
Dalle Giudicarie. A mezza Quaresima.- Che volete, lettori umanissimi? bisogna rassegnarsi in santa pazienza. Avevo proprio stabilito eximo pectore e pubblicamente di risparmiarmi la briga di ricorrere contro il benservito piovutomi dalla commissione innsbruckese, contenente il terribile non ha luogo un complemento di congrua; anzi m'ero accapparato un bariletto di più d'arringhe per prolungare la quaresima e radere così un po' di passività. Sissignori, che ora mi si vuole far rompere il proposito! Un amico, e più che amico, dall'alto del tetto dell'abgeordnetenhaus (a forza di sentire a parlar tedesco bisogna bene impararsi qualche parola) m'invita a ricorrere in cassazione, cioè exelsior, come porta la finale della grida, onde sia fatta più luce sull'affare dei sacerdoti indipendenti, perché il s 1 della legge sembra da interpretarsi altrimenti, - e così mi prega di notificarlo ad altri bollati al par di me. Dunque stiamo a vedere dove andremo a finire; prometto coscienziosamente di tener bene informati di ciò i lettori assidui. Per intanto mi permetto aggiungere un casetto palpitante d'attualità, raccontatomi in questo momento da un mio compare, degno degnissimo di fede, il quale, cioè il casetto e non il compare, servirà a far persuasi anche i più increduli, qualmenteche il curato rurale è e deve essere il primo che va preso in considerazione per bisogni borsuali.
Dalle Giudicarie. A mezza Quaresima.- Che volete, lettori umanissimi? bisogna rassegnarsi in santa pazienza. Avevo proprio stabilito eximo pectore e pubblicamente di risparmiarmi la briga di ricorrere contro il benservito piovutomi dalla commissione innsbruckese, contenente il terribile non ha luogo un complemento di congrua; anzi m'ero accapparato un bariletto di più d'arringhe per prolungare la quaresima e radere così un po' di passività. Sissignori, che ora mi si vuole far rompere il proposito! Un amico, e più che amico, dall'alto del tetto dell'abgeordnetenhaus (a forza di sentire a parlar tedesco bisogna bene impararsi qualche parola) m'invita a ricorrere in cassazione, cioè exelsior, come porta la finale della grida, onde sia fatta più luce sull'affare dei sacerdoti indipendenti, perché il s 1 della legge sembra da interpretarsi altrimenti, - e così mi prega di notificarlo ad altri bollati al par di me. Dunque stiamo a vedere dove andremo a finire; prometto coscienziosamente di tener bene informati di ciò i lettori assidui. Per intanto mi permetto aggiungere un casetto palpitante d'attualità, raccontatomi in questo momento da un mio compare, degno degnissimo di fede, il quale, cioè il casetto e non il compare, servirà a far persuasi anche i più increduli, qualmenteche il curato rurale è e deve essere il primo che va preso in considerazione per bisogni borsuali.
Attenti dunque che non vi scattj una sillaba.
Siamo in una delle città della Pentapoli Trentina! (non ridete, chè io non ne ho voglia io, sono cose serie anzichè no ...). Uno fra i tanti curati delle limitrofe valli vi era disceso a fare delle piccole proviste in vestiario, giusto per quel tanto che valesse a salvarlo dalla morte per assiderazione durante l'inverno; e guai a lui se non lo avesse fatto; questa volta sarebbe stato proprio fresco; quando non se l'avesse dovuto proclamare fortunato, perché la sospirata congrua terrestre l'avrebbe mutata in quella più giusta di Domine Dio. L'inverno infatti durò ostinato e brusco fino a jeri, ed il nostro protagonista sarebbe bello e ito nel numero dei più. Ma tiriamo innanzi. - Nel gironzolare per la detta città il nostro prete s'incontrò in un altro, suo patriotta ed alto locato nella gerarchia ecclesiastica, il quale per amicizia e per vivo desiderio di patrie udire novità, invitollo a pranzo per quel dì in casa sua. - E' presto detto; l'invito fu accettato senza complimenti, l'appetito nel curato era all'ordine del vuoto, e mi si assicurò che rappresentò anche la parte sua con discreta in...famia. - Giunti all'ultimo gocciolo, i discorsi scorrevano più franchi, e siccome ogni figlio d'Adamo porta con sé la maledizione di non esser mai contento della propria posizione, così anche i due nostri interlocutori avenno e non poco da lamentarsi a vicenda del proprio stato. Il cittadino lagnavasi dell'aria doppiamente mefitica della città; pesavangli gli affari spinosi e gravissimi della sua alta carica; lo opprimeva la schiavitù perpetua delle esigenze cittadinesche, e, mettendo un gran sospirone, conchiudeva: oh terque quaterque beati voi altri, che vi trovate in cura d'anime nelle nostre valli, sui nostri monti! Oh voi godete una cara ed illimitata libertà (e indipendenza?)! Voi respirate un aere saluberrimo (che sazia?); i vostri affari sono pochissimi; e tranquilli, sens'affanni, passate la vita in mezzo all'amore rispettoso del nostro buon popolo!!...
Il prete valligiano lasciò finire la espettorazione idiliaca; vuotò intanto il bicchiere; e poi, forbitosi le labbra inumidite, così senz'altro prese ad attaccare il dialogo:
- La mi scusi, caro Lei; ma, con la mia solita franchezza, devo osservarle, che si trova molto ma molto all'oscuro sugli affari che abbiamo noi poveri curatucci, e pur troppo temo, Dio nol voglia, che come la pensa Lei, non la pensino altri ancora, più o meno altolocati. Vuol'Ella che Le provi tutto il contrario di quello che asserì?
- Oh, Oh! Stiamo a vedere mò... Ma che cosa mai vorreste dire in contrario? Lo so già, e poi lo sanno tutti quello che avete da fare voi ed i vostri colleghi! Ecco qui: celebrare la S. Messa il giorno di lavoro a tutta vostra comunità, senza odiosi legami di orario; fra il dì recitare il Breviario, leggere il foglio e fare qualche breve visita agli ammalati; alle feste poi dire in qualche modo due parole d'omelia e, non sempre, un po' di catechismo al dopo pranzo, e qualche po' di tempo in confessionale; ecco, ripeto i vostri grand'affari! Per carità non vi state a lamentare, fareste peccato, anzi credo dovrete render stretto conto a Dio del buon tempo che godete!..
- Grazie tanto della diagnosi; ma Le osservo che l'ha sbagliata di sana pianta. Mi confermo sempre più ch'Ella ignora la vita di noi poveri curati di montagna. Lascio da parte tanti altri argomenti per convincerlo del contrario, ed ancor quello che noi tutti abbiamo ormai il cuore quasi atrofizzato dal vivere in mezzo e prender parte alle strazianti e frequenti scene (oh le gioie!) dello sconsolato ed affamato nostro popolo; basta un solo argomento per persuaderla che noi curati (nomen et umen) abbiamo da fare più che tutti i P.T. Professori e Monsignori della città, più del... Se ci fosse il Vescovo, vorrei dire anche più di lui stesso......
- Gentenemei? Quali spropositi! Ma non vedete, caro mio, che bestemmiate!
- No, no, non bestemmio; so quello che mi dico e non dico che la sola, la semplice e la
pura verità, e tutta la verità senza paura d'essere smentito.
- Ma e che dunque, di grazia, avete a fare voi?
- Che! Noi? Noi abbiamo, ripeto, da fare più che qualunque altro, perché abbiamo da far... a vivere!....
- Basta! M'avete chiuso la bocca addirittura. Andate là, che non avete mai parlato al giusto d'adesso; la ragione è proprio tutta vostra.
- Magari non l'avessi!..... E poi hanno il fegato di dischiararci in lettere sottosegnate che non meritiamo d'essere compresi nel complemento di congrua, perché siamo dipendenti?.... Han proprio ragione: dipendiamo dai debiti, e siamo servi magrissimi della fa...me. La riverisco...
- Aspettate..... prendete...
-No, no, grazie, un'altra volta.
Renzo
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