giovedì 16 febbraio 2012

Dove c'è latte non c'è miseria

 "La Famiglia Cristiana", n. 144, 14 dicembre 1892 (Il latte per combattere la pellagra)

Nostre corrispondenze
Giudicarie Esteriori 11.
(Rusticalia.) - Nell'ultima mia finiva col dire che: dove c'è latte non c'è miseria, non c'è pellagra, e prima di venire a discorrere sull'aumento di prati e di pabuli per aumentare poscia le vacche da latte, non starà male sminuzzare un po' l'asserto posto qui sopra.
Anzitutto il latte è tale bevanda che contiene in sé quel complesso di sostanze nutritive, le quali sono le più adatte al nostro organismo. Senza che venga innanzi con argomenti chimici sia sulla natura del latte sia che su quella dell'uomo, basta solo che accenni al fatto che questo è il primo nostro nutrimento e quasi esclusivo al primo inizio della vita, che questo è prescelto a gran maggioranza dai nostri fisici nella cura di coloro ai quali pericola l'esistenza per debolezza, o di denutrizione; o rispettive forze digestive; che in coloro, pei quali il latte concorre in una forma o l'altra a formare il principale nutrimento quotidiano, dà effetti tali di robustezza nelle forme e colorito di volto, da ritenerli per i meglio nutriti.
Questo dicasi del latte, usato tale e quale ce lo dà madre natura, o diremo meglio la divina Providenza a mezzo delle mucche e delle capre. Ma anche il latte lavorato più o meno razionalmente non perde la sua virtù, anzi concorre benissimo ad una buona nutrizione. I principali prodotti del latte da noi si limitano al burro ed al formaggio. E' inutile parlare del burro come condimento dei cibi, chè nissuno può mettere innanzi altro condimento migliore di quello e più in uso nelle varie usanze della cucina sia del povero che dell'epulone. Se parliamo poi del formaggio, anche questo è tale un condimento di cui è raro il caso si possa far senza.
Parlando poi del nostro popolo trentino, il quale anche nei cibi è prettamente italiano, non si può assolutamente escludere il formaggio dai suoi cibi quotidiani. Il pane nostro quotidiano è la polenta, e come ognun sa, disgraziatamente, è essa poverissima di principii nutritivi. Se questa poi non è ben matura, o stagionata a dovere, tenendola al coperto con aria e sole, come si fa da noi a mezzo delle sotto tettoje (verte) contiene i germi della pellagra in dose abbondantissima. Per distruggere questi germi o meglio paralizzarne gli effetti micidiali, uopo è che dessa venga adoperata in cibo con appresso sostanze assai nutrienti, come sarebbero appunto il latte ed i suoi composti. Tra questi la preferenza è data al formaggio. Se quindi i nostri popolani li troviamo robusti, vigorosi e ben coloriti, non lo dobbiamo alla polenta che mangiano, ma al formaggio col quale mangiano la polenta. Togliete il formaggio, e date loro a companatico gli esotici crauti - baionetta in canna - l'insalata, od altri erbaggi, e voi avrete dei pellagrosi a dovizia. Per constatare questo tanto, non è d'uopo essere stati inscritti per 5 o 6 anni nelle università, basta la sola esperienza di pochi anni di cura d'anime tra gli anneriti covili dei nostri contadini.
Quindi il cercare l'aumento dei prodotti del latte nei nostri paesi è un concorrere a diminuire i mali che producono la miseria e la pellagra, e perciò ecco giustificato l'asserto posto in testa a questa mia che: dove c'è latte non c'è miseria, non c'è pellagra.                                                                                          R.

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