Don
Mentore ai lettori
L’appetito
vien mangiando, dice uno strano proverbio; ed il desiderio di leggere
viene leggendo, lo dico io per prova. Ecco qui: l’anno scorso in
fretta fretta misi insieme due parole alla buona pei miei buoni amici
contadini, ed ecco che, volere o volare, anche quest’anno se ne
desiderano altre e molte.
Tutto
va bene, miei cari, ma con tante brighe che m’attorniano, arriverò
poi a contentarvi questa volta? Ne dubito molto, non per parte vostra
che vi conosco di facile contentatura e buoni, buoni assai, ma per
parte mia; mentre conosco il detto, che coll’attendere alle molte
cose, non ci si riesce a nissuna. Checchè ne sia, se finirò poi per
annoiarvi, lo sapete già in antecedenza, nol faccio apposta; e
questo basti per esordio. Veniamo subito ad
Un'
buon augurio.
Vel
dissi già l’anno scorso che un po’ di quella viva fede de’
nostri nonni bastava a tirare le benedizioni celesti sulle nostre
fatiche. Ebbene, godo nel constatarlo, moltissimi di voi avete inteso
ottimamente l’ammonimento, e lo vidi messo alla pratica con mia
gran consolazione e con vostro non piccolo vantaggio. Non
dimenticaste durante l’anno le preci quotidiane, v’asteneste
dalle imprecazioni e dalle bestemmie, santificaste con franco esempio
i giorni festivi, fuggiste le
crapule e l’intemperanza, ed ora vi chiamate contenti. Il
buon Dio ci mandò un anno che in complesso possiamo chiamar buono,
si da desiderarne altri simili. Il raccolto de’ bozzoli ed il loro
prezzo furono soddisfacentissimi; il frumento superò ovunque le sei
sementi, il grano turco ci portò bellissime panocchie; le patate
divennero grosse e saporite, in ispecie quelle forestiere ed
irrorate, la vendemmia fu d’un terzo più dell’anno scorso,
l’erba de’ prati poi fu tale in abbondanza, che il fieno vecchio
in certi luoghi si vendette ad un soldo ed un quarto il chilo; il
prezzo poi dei bovini è tuttora cosi rimuneratore, che ovunque da
noi si pensa sul serio all’aumento di giovani allievi per
compensare ai numerosi bovini usciti dal paese nelle
passate fiere autunnali. Vedete dunque che Domine Iddio ci diede
un generoso contraccambio di quel po’ di bene che abbiamo fatto
durante l’anno e v’assicuro ch’è disposto a continuare le sue
celesti benedizioni, se noi pure saremo costanti nella buona vita di
sinceri cristiani. Tante volte diamo colpa pelle annate cattive a
questo od a quello, mentre è tutta colpa nostra, cioè della
condotta della nostra vita. Togliamo questa causa fatale e ne
scompariranno i tristi effetti. Lasciate che dicano i sapientoni del
mondo, voi state fermi a quella sentenza dei nostri nonni che suonava
in chiaro italiano cosi:
Vita
buona anno buono,
Vita
cattiva anno cattivo.
Festa
a Fiavé per la benedizione delle nuove campane (1900)
|
Chiesa
e Patria.
So
che queste mie parole sono scritte solamente per voi, miei buoni
amici agricoltori, i quali siete trentini e cristiani cattolici, e
che di queste due belle qualità ve ne vantate a tutta ragione.
Ebbene lasciate che ora vi dica col cuore in mano al mio solito,
quali doveri importantissimi ne vengano a voi da questi due
titoli: Cattolici, Trentini.
Dal
momento che noi fino dalla nascita ricevemmo fortunatamente il santo
battesimo, ne ebbimo il dono della fede e fummo ascritti nel numero
de’ fedeli cristiani coll’obbligo rigoroso di credere a quello
che la Chiesa insegna. Solo in premio di questa credenza ci fu
promessa la vita eterna, mentre chi non crede resterà condannato.
Ora opera prima della fede si è quella di essere figlio ubbidiente e
docile alla Chiesa, che ci divenne madre; entrando pel battesimo nel
regno della Chiesa, da sudditi fedeli ci tocca adempirne le leggi
sapientissime. Queste leggi vengono promulgate per ordine di Gesù
Cristo dal suo Vicario in terra, il Sommo Pontefice. Il Papa adunque
è il capo di questo Regno, e tutti i sudditi cristiani cattolici
devono sottostare e ubbidire rigorosamente ai di Lui comandi. Questi
comandi poi, notatelo bene, sono sempre giusti, providi e degni di
pronta ed intiera ubbidienza, e ciò perché sulla bocca del Papa
suona sempre la parola di Gesù Cristo, Sapienza Infinita,
Infallibile.
Come
semplici uomini ci deve stare a cuore questa terra trentina che ci
vide nascere; è naturalissimo che amiamo di tenace affetto questa
culla, che la difendiamo a tutto ardore; la famiglia nostra, il
nostro Comune, la nostra valle, la Provincia, la Patria insomma ci
devono essere cari assai sì da darne se occorre per loro il sangue e
la vita; ma come cattolici quanto più dobbiamo sentire i doveri di
amore, di sacrificio e difesa verso la Chiesa, altra patria, più
importante della prima, perché non il corpo solo, ma l’ anima ci
procura di salvare.
Cara,
lo dice il Papa stesso, ci deve essere la Patria in cui nascemmo come
uomini, ma più cara ancora la Chiesa in cui nascemmo cristiani. È
chiaro da ciò quale delle due patrie dobbiamo preferire. Se avessimo
per patria il suolo più fecondo e ridente del mondo, e non avessimo
poi quella d’essere cristiani, che cosa in fine ci gioverebbe?
Passeressimo brevi giorni su questa terra, e vi concedo, con tutte le
comodità corporali che potete magari immaginare, e poi? Alla morte
avressimo un dolore straziante nell’abbandonar tutto colla
sicurezza di andare a patire per tutta l’eternità. Invece la
patria nostra sia pure una semplice zolla alpestre, sia pure un monte
brullo, un annerito covile, ma se noi siamo anche cristiani e quindi
figli di questa seconda patria, la Chiesa, che cosa ne avverrà?
Passeremo bensì dei giorni nel sudore, nel travaglio, e perfino
nella fame, ma per breve tempo, perché da qui passeremo nella Patria
Celeste ove il gaudio è senza fine.
Ecco
dunque chiara l’importanza di tenerci ben stretti all’amore di
questa Chiesa, a questo il più importante de’ regni in terra, il
quale solo ci può rilasciare il passaporto pel Paradiso. E notate
ancora. Quando si dice che dobbiamo a preferenza amare la Chiesa
sopra la patria terrena, non ci si dice mica che noi cattolici
dobbiamo essere senza amore per quest’ultima. Non già. Non ci è
proibito niente affatto l’ amore alla patria terra, anzi ci è
comandato dalla legge naturale, che viene essa pure da Dio; dunque
Iddio stesso vuole che amiamo anche questa patria terrestre, vuole
che amiamo la famiglia nostra, il nostro paese, i nostri nazionali,
ma vuole che questo amore sia retto, ordinato, giusto. Abbiamo
quindi
due comandi che vengono dal medesimo Iddio: di amare la Chiesa e di
amare la patria. Egli non può comandarci nello stesso tempo due cose
che implicano contraddizione; quindi questi due amori non possono mai
cozzare tra di loro, se essi sono bene ordinati come egli prescrive.
La
storia ci porta degli esempi memorandi di cristiani d’ogni tempo, i
quali dimostrarono come questi due amori tra se uniti fecero sempre
bella prova. Dalla Legione
Tebea, dai Vincitori
di Lepanto, dai Liberatori
di Vienna ai valorosi della Lega
Lombarda, la storia sta là ad attestarlo. Solo quella bandiera
che porta scritto Chiesa
e Patria,
conduce sotto di sè alla battaglia schiere di eroi e di martiri!
Una Rosa
da Viterbo, una Giovanna
d’Arco, un Sobiescki,
un Pietro
Mica sono esempi che ci fanno palpitare al solo ricordo di
che cosa sa fare la fede cattolica anche per la patria terrena. Siamo
dunque veri e franchi cristiani cattolici e saremo ancora sudditi
fedeli e coraggiosi difensori della patria. Un
nostro poeta cantò: Chi per la patria muore, Ha vissuto assai,
ed io conchiudo dicendo:
Chi
per la Chiesa vive
Mai
non morirà.
Luigino
l’emigrante.
Nato
da buona famiglia di contadini nell’ameno paesello di *…. Luigino
cresceva ben educato ed istruito nella religione cattolica e nei
principali rudimenti di vivere agricolo. Primogenito di numerosa
prole dovette per tempo darsi più degli altri ai lavori campestri in
aiuto al padre sempre attivo; ma con tutto il lavorio di quelle
quattro braccia robuste non si arrivava a mettere assieme a
sufficienza il vitto ed il vestito per la famiglia, e qualche
debituccio addolorava sempre il S. Silvestro. Passata la coscrizione
senza esser fatto, provvidenzialmente, nè soldato nè bersagliere,
Luigino un dì sorprende il padre soletto, e con una serietà
maggiore dei ventitre anni, così gli parla: “Papà, vi devo
comunicare un
mio
divisamento. S’io resto qui a casa, dopo tanti sudori e fatiche
alla fin d’anno non arriviamo mai a far patta; le gabelle crescono,
la famiglia aumenta, i mezzi di guadagnare invece diminuiscono. Ho
quindi pensato di andare in America!... Mi ha scritto il cugino
Pierino, che la via in un anno si può mettere assieme quello che qui
non si avrebbe in tre anni, sicché io solo potrei spedire
annualmente il necessario pella vita della nostra famiglia. C’è lo
zio Antonio che mi darebbe il denaro a prestito pel viaggio;
dunque io vado. Voi ditelo alla mamma e persuadetela a lasciarmi
andare senza che prenda troppa passione, vedrete che sarò la fortuna
della nostra povera famiglia”.
Il
padre, a tale annunzio improvviso, si fece serio e melanconico assai
e per poco non rispose parola. Indi alzando il capo e fissando lo
sguardo nel figlio, cosi ebbe a dirgli: “Caro Luigi, godo, è vero,
nell’udire sentimenti sì nobili e buoni verso i tuoi cari, vedo
che per loro saresti disposto a fare i più duri sacrifici e quello
perfino di andare nella lontana America. Ma!.. hai tu pensato ad una
cosa importantissima? Qui, verissimo, avremo stenti, debiti e
magari la fame, ma alla fin fine poi qui si può mettere al sicuro
l’anima! In paese abbiamo facili i mezzi di salute, basta che solo
lo vogliamo, ma là via non è mica cosi. Ora se tu colà guadagnassi
tutto l’oro della California e poi perdessi l’anima, che cosa ti
avrebbe giovato? ed a me qual rendiconto non domanderà Iddio perché
ti ho permesso un tale viaggio? Vedi; adesso non posso decidere;
lasciami che pensi su ben bene e poi ti risponderò”.
Il
padre di Luigino intanto procurò di avere tutte le informazioni
possibili del luogo al quale era invitato suo figlio. Parlò col
signor Curato, col compare segretario ed altri di proposito, in fine
una domenica dopo Vespro, preso a quattr’occhi il suo Luigi,cosi
gli parlò: “Chi s’aiuta, Dio l’aiuta, quando però i mezzi che
adopera sono buoni ed onesti. Son persuaso che qui in patria per ora
questi mezzi non gli abbiamo a sufficienza e pur troppo dobbiamo
cercarli altrove. Le informazioni avute di quella parte di America
ove ti attende il cugino, non sono sfavorevoli, e perciò se sei
proprio deciso di andarvi, va in nome di Dio; anche la mamma te ne dà
licenza, ma solo però a questo patto, che t’ingiungo di non
rompere per tutto l’oro del mondo; eccolo: Prima di tutto ti
accosterai a ricevere i SS. Sacramenti e la benedizione del sig.
Curato e poi devi promettermi di non lasciar mai in qualunque luogo
tu sia o vada i tuoi doveri di buon cristiano, sia ti trovi in acqua
od in terra, e quando capisci che questi tuoi doveri non puoi
adempirli di ritornar subito e senza fallo a casa tua”.
A
queste parole solenni due grossi lagrimoni cascarono a Luigino, e
baciando ed abbracciando il buon padre il figlio commosso soggiunse:
“Papà, grazie a Dio, vi fui ubbidiente fin qui, lo sarò ancora in
avvenire. Se vado in America, so che non vado
per
capriccio, ma per aiutare la mia famiglia; l’ anima non la voglio
perdere sicuramente, e perciò quando questa pericolasse, prometto,
ritornerò senz’altro”.
Passano
venti giorni ed un lunedì mattina un commovente spettacolo ci si
parava innanzi nella piccola Chiesa di *... Il sig. Curato celebrava
la S. Messa all’altare della Madonna, ad immagine scoperta e sei
candele accese. Alla Comunione del Sacerdote si vedono accostarsi
alla sacra mensa eucaristica Luigino in mezzo al papà ed alla mamma
e cinque de’ suoi fratelli e sorelle. Il raccoglimento era
profondo, la scena pietosa edificantissima. Finita la S. Messa il
sig. Curato si volge agli astanti e con voce commossa dice queste
brevi parole: «Il lasciare la patria è cosa dolorosa sempre, il
lasciare poi genitori amati, fratelli e sorelle carissime stringe il
cuore, ma questo dolore è raddolcito quando si parte per amor
della patria, per amore dei propri cari, cioè per procurar loro un
bene migliore. Luigino parte solamente per questo, e Iddio non
mancherà di benedire alla sua buona intenzione. Ma v’ha di più.
Luigi vuol partire da cristiano esemplare colla promessa
di mantenersi e ritornare tale. Oh sì questo e tutto; Iddio e
Maria ti accompagnino sempre col loro aiuto e la benedizione che a
nome di Dio ti do in questo momento, serva a questo fine dei fini; e
se mai in America ti fosse impossibile o difficile assai l’essere
buon cristiano, o Luigi! ritorna da noi; vada tutto, ma l’anima sia
salva!...”
Trascorsero
cinque anni e Luigino ritornò e ritornò buon cristiano. Egli
racconta d’essere stato nella Repubblica Argentina e precisamente
nella nuova città “La Plata”; che giammai perdette la S. Messa
alla domenica, anzi che più volte ne fece il servente. Anche le sue
pratiche di pietà, grazie a Dio ed al suo buon volere, pote
osservarle, ma pur troppo, come ei racconta, tanti e tanti de’
nostri anche avendone il comodo, tralasciano colà i doveri
principali di buon cristiano, e specialmente non si vergognano di
lavorare alle domeniche, come fosse un giorno qualunque.
Iddio
benedisse alle fatiche di Luigino; e questi mandò più volte a’
suoi genitori del denaro per pagare i varii debitucci e pel vitto
della famiglia; al suo ritorno poi portò un buon peculio per
assisterli nella loro vecchiaia. Appena ritornato a casa volle far
celebrare una S. Messa di ringraziamento rinnovando con tutti i suoi
la scena commovente della sua partenza; caddero anche quel dì delle
lagrime, ma furono lagrime di consolazione. A quei del paese
che, dicevano essere tanti i nostri emigrati, ma pochi i fortunati
come Luigino, il signor Curato rispose: Perché son pochi i Luigini
francamente cristiani.
La
cooperazione agricola.
Disse
un insigne economista moderno che in ogni paese ben educato non
dovrebbe mancar mai la Chiesa, la scuola e la banca cooperativa. Se
da noi, grazie a Dio, ci
sono le due prime e le più importanti, non così si può dire
della terza; è ben vero, che in questi ultimi anni si moltiplicarono
quà e là anche nel nostro Trentino le banche cooperative, ma fu
solo nei maggiori centri. Questo non è ancora bastante; la
cooperazione sotto una forma o sotto l'altra dovrebbe estendersi ad
ogni nostro paesello o Comune e me fortunato se con queste poche
linee arrivassi a farmi capire dai nostri d’altronde sempre
intelligenti agricoltori.
L’unione
fa la forza, è un detto che lo avete mille volte sulle labbra, voi
tutti miei cari amici, ma forse non ne comprendete tutta la sua
efficacia. Questa si estende a tutte le vicende della vita umana e
molto più l'unione farà la forza nelle vicende della vita di voi
agricoltori. Il viver soli è cosa triste in questo basso mondo.
L’uomo è fatto per essere socievole. Non vedete? Quando ci
isoliamo dagli altri per sistema, ci assale la malinconia: per
cacciar
questa
fa d’uopo trovare altri cuori a noi simili, a’ quali comunicare i
nostri affanni, e tosto ritorna la tranquillità, il sereno. Anche
parlando materialmente l’esser soli è cosa dannosa. Più siamo in
numero concordi nel procurare un bene, più riesce facile il
conseguirlo. La famiglia, il Comune, i Regni e le Repubbliche
nacquero per voler di Dio per soddisfare ai bisogni sociali cui siamo
inclinati.
L’uomo
saggio propagò questa naturale inclinazione a tanti scopi utili, e
non mancarono perfino i tristi a scimiottarne l’opera per scopi
malvagi. Noi non dobbiamo intendere altro col nostro unirci in varie
associazioni, che il vero progresso morale e materiale ma cristiano
sempre. A scopi materiali abbiamo le associazioni e le unioni dei
capitalisti, dei commercianti e d’altri, e perché materialmente ed
insieme moralmente non vorremo fare progredire le unioni anche
tra gli agricoltori? Pel passato in vero i poveri lavoratori della
gleba furono lasciati in un cantuccio per questo lato, e non si pensò
a loro che per spillarne in varie e molteplici maniere i frutti de’
loro sudori, facendo confermare la verità di quel vecchio
detto: scarpa grossa paga ogni cossa. Ma ultimamente
vennero delle provvide leggi colle quali si pensò anche al
contadino; di qui nacquero i Consorzii Agrarii, i Consigli
Provinciali d’Agricoltura ecc.; ma ciò non basta. Fa d’ uopo che
l'agricoltore stesso si muova pure da per sè, e con quella
istruzione che si ebbe nelle nostre scuole, deve applicare a suo
vantaggio quegli utili provvedimenti che gli addita la legge. Questa
contempla tante istituzioni cooperative assai utili anche
pell'agricoltore. Tra, queste noto le Banche Cooperative, le Casse di
Risparmio rurali colle quali con facilità e con sicurezza si
ottengono denari in strette contingenze e presso le quali possono
essere messi a frutto con pari facilità e sicurezza importi che ora
per ora non abbisognassero. In secondo luogo utilissime sono le
Società Cooperative per provviste di generi ed attrezzi rurali e più
ancora i Magazzini Cooperativi di consumo e smercio. Se tutta la
scienza economica consiste in ciò di far molto con poco e con minor
tempo, pel contadino la si realizza con questo: di avere i buoni
generi necessari alla vita al minor prezzo possibile, e di smerciare
i prodotti propri al prezzo più alto che si può.
A
conseguire tutto questo raramente si arriva restando soli, assai
frequentemente, per non dir sempre, quando s’ è uniti in società
di cooperazione. Dunque, voi miei buoni amici, qualora vi venga il
destro di poterlo fare, come lo fecero e lo fanno altri in altri
luoghi, non fate gli schifiltosi a mettervi in società pel comun
bene, ma anzi fatelo volentieri animati, da un solo spirito del
maggior vostro bene morale e materiale e vedrete quanto è vero che
L’unione
fa la forza.
Alle
urne.
Via,
non mi fate gli occhiacci pel titolo qui sopra, come se ora venissi a
far della politica. Vi pare ch’io sia da tanto? Quietatevi dunque e
siate buoni e pazienti da leggermi fino alla fine e vedrete anche
voi, che, se qualmente la politica c’entra, ci entra come il
cacio dopo pranzo.
Voglio
dirvi adunque in queste quattro linee qualche cosa delle elezioni in
genere e del dovere sacrosanto che si ha di dare il proprio voto ogni
qualvolta se ne ha il diritto. Noi, gente del popolo, non siamo mica
più tanti cavoli, come una volta quando Berta
filava, ma siamo ormai una potenza bella e buona, anzi tale
potenza che merita tutto il rispetto e l’ attenzione di chi non
vuol fare i conti due volte. Quindi ne consegue che anche il voto
del popolo, e quello specialmente, si calcola assai e si capisce
ora che quel voxpopuli,
vox Dei,
(latino che tutti intendete senza spiegarvelo) non è un semplice
detto qualunque, ma una verità che s’impone finalmente anche ai
più increduli.
Dunque
non ci lasciamo scappare questa nostra potenza di mano per nostra
pecoraggine, ma sappiamo usarne sempre e bene ed in tutte le
circostanze che ci offrono e le leggi generali e quelle particolari.
Vedete quante e varie volte siamo chiamati alle urne per deporre il
nostro voto! Come soci p. e. del Consorzio Agrario distrettuale
dobbiamo votare almeno ogni triennio per eleggere la Deputazione
consorziale; come soci del Casello,
della Cooperativa o della Banca ogni anno per nominare le rispettive
Direzioni, come curaziani tante e tante volte spetta a noi nei
Comizii scegliere col nostro voto il Curator d’anime; come censiti
infine e cittadini del Comune e dello Stato abbiamo le elezioni
comunali, provinciali e quelle del Consiglio dell’Impero.
Vedete
adunque quanta estensione ha il nostro diritto, senza dirvi nulla di
tante altre possibili elezioni che qua e là possono occorrere per
altri titoli e diritti. Io so, e me lo avete detto più è più
volte, che tutti voi volete che le cose camminino sempre diritto, e
vivamente desiderate che assieme al vostro maggior bene privato,
prosperi quello comune. Ebbene, persuadetevene, carissimi, questo
vostro bene in particolare, e quello pubblico in generale lo si avrà
sicuramente, quando voi lo volete, cioè quando voi alle pubbliche
cariche eleggerete tali persone che avranno la vostra piena fiducia e
che voi ritenete allo scopo le più adattate ed idonee. È inutile,
vedete, lamentarsi che il tale non fa bene, non amministra meglio o
che razzola male. Il rimedio a tutto sta in nostra mano; la scheda
che siamo per gettare nell’urna porta sempre o la vita o la morte
sia materiale che morale d’un popolo. Vedete dunque quanto importa
l'elezione e la buona elezione. Veniamo a casi pratici.
Conosco
alcuni paeselli de’ nostri monti, i quali hanno dei Caselli modello
fiorentissimi, che danno prodotti abbondanti, ben confezionati e
ricercatissimi, e tutto perché? Perché la Direzione di que’
Caseificii è composta di brava gente, di persone intelligenti ed
attivissime, il fior fiore di que’ contadini. So invece di altri
paesi (e lo sapete anche voi non é vero?) nei quali il latte si
confeziona o peggio si rovina alla cainitica e dove il ben pubblico
va a finire nella borsa di pochi furbi iscariotti, e perché? perché
manca una buona direzione. Ma ditemi: la causa del bene da una parte,
e del male dall’altra, qual’è in fin de’ conti? È sempre
l'elezione. Nei paesi sopra lodati tutti i soci del Casello, quando
si tratta di eleggere la rispettiva Direzione, corrono alle urne
e votano francamente per le persone più adatte allo scopo, ed il
frutto del loro voto conscienzioso è sempre una brava Direzione.
Invece nei paeselli sopra biasimati, pochi sonvi che pensano al loro
diritto, che s’interessano di votare e lasciano la faccenda in
balia di chi sa pigliarla, e n’esce quindi una Direzione che non
comoda e che non fa al pubblico bene.
Egualmente
dobbiamo dire in tutte le elezioni del mondo;ove gli aventi diritto
s’interessano della cosa e tutti corrono alle urne a mettervi que’
nomi che in scienza e coscienza sanno d’essere agli altri
preferiti, s’avrà sempre un suffragio accetto a tutti; ove invece
vi è apatia, indolenza, e quindi non si va a votare o pochi vi
vanno, si otterrà un esito che farà a calci col benessere generale.
Dunque tutti e sempre ed ovunque corriamo alle elezioni, perché
l’importanza è somma, perché è la vita d’un popolo civilmente,
moralmente, e diciamolo pure, cattolicamente educato.
Ma...
me lo prevedea; avete qualche obbiezione a farmi, non è vero? Ditela
pure francamente.... - Noi, cosi alcuni opinano, non vediamo questa
importanza di dare il proprio voto, perché alla fin fine è
impossibile di darlo in scienza e coscienza come si dovrebbe; ci sono
sempre gli ambiziosi, i dappertutto, i camorristi che volens
nolens vi imbrogliano a votare a lor modo; infatti non si è
liberi, e quando manca la libertà, capirà anche Lei che....
Capisco, e sarà magari come voi dite, ma ciò avverrà quando gli
elettori non conoscono la bravura di saper far bene le elezioni.
Sicuramente se essi vorranno stare isolati, finiranno per essere
assorbiti dai farabutti, ma se tutti gli elettori galantuomini e del
medesimo pensare, s’uniscono e s’intendono fra loro e già in
antecedenza preparano ben nette le loro armi, credetelo pure che nel
dì della battaglia faranno buoni colpi e sicuri e la vittoria sarà
per loro.
Io
non sono grigio ancora del tutto, eppure vi so dire che in tanti dei
nostri Comuni, in questi ultimi anni, si mandarono a spasso quei
rappresentanti a vita che fecero man bassa dei beni comunali nel
triste passato appunto pel voto unanime, concorde e ben combinato del
popolo che venne una volta a capire l’importanza delle elezioni.
Naturalmente,
se in un Comune p. e. di trecento elettori, solo pochi e divisi di
sopra più corrono a gettare una scheda qualunque nell’urna, ne
verrà che la rappresentanza comune sarà sempre quella di padre in
figlio, come il diritto di primogenitura; ma se invece la maggioranza
degli elettori di buona intenzione e di volontà tenace, con piano
bene prestabilito prenderanno d’assedio la piazza fin qui
intangibile, le palle che getteranno nell’urna, se anche sono di
carta, saranno per se capacissime di abbattere la fortezza creduta
inespugnabile; voglio dire che n’usciranno eletti sempre quelli che
vuole la pubblica voce e richiede il pubblico bene. Infatti vi dico
netto e tondo l'apatia in qualunque elezione mi suona morte; vita
invece chiamo quella che mi dà un completo numero di votanti bene
organizzati.
Ma,
altri mi rispondono, ha buon dire Lei; noi abbiamo altro per la
testa, invece di elezioni dobbiamo pensare alla polenta, al modo di
guadagnarci un fiorino per mantenere la numerosa famiglia. Colle
elezioni invece si perde una mezza giornata e più, e la economia se
ne va.... Appunto, carissimi, perché so che a voi preme la polenta,
perché abbisognate di molte cose per vivere; appunto per economia
dovete tutti andare sempre a votare quando siete chiamati, perché
una buona elezione vi porterà tutte queste cose e più ancora.
Non
sapete che il vostro voto tante volte vale non già un fiorino ma le
migliaia di fiorini? Se solamente una piccola società diretta da
brave persone porta dei bei guadagni ai propri soci; quanti non ne
arrecherà una società più in grande come sarebbe un Consorzio, un
Comune, una Provincia, uno Stato? E la direzione di queste società
non dipende appunto dai nostri voti? Dunque finisco. Volete la morte
o la vita? La morte? Dormite allora in pace, se potete, ma non
brontolate se il mondo non va a vostro modo; la vita? Non vi spaventi
la parola, la ripeto:
ALLE
URNE!
Domande
e Risposte.
D.
Qual’e la più bella qualità negli uomini?
R. Il coraggio del
Vero e del bene.
D. Quale vendetta si deve fare degli
ingiusti calunniatori?
R. Rispondere con buoni fatti alla
tristizia delle loro parole.
D. Quali libri deve leggere il
contadino?
R. Il Catechismo, la Storia Sacra, Manzoni e Cantù e
l'Almanacco
D. Quale il motto della nostra bandiera?
R. Chiesa
e Patria.
Don Mentore
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