giovedì 14 giugno 2012

La malattia dei minatori

"La Voce Cattolica", 25 febbraio 1882 (Articolo di don Lorenzo in cui sponsorizza l'ospedale di Pisogne sul lago d'Iseo come l'unico in grado di guarire dalla malattia dei minatori che colpiva molti emigranti giudicariesi).

Guarigione sicura per la malattia dei minatori. - Ci scrivono dalle Giudicarie Esteriori: Chi non ha veduto in questi ultimi anni i nostri poveri operai ritornare dal lavoro alle strade ferrate e specialmente dal traforo del Gottardo la maggior parte ammalati da tal morbo da destare la comune pietà? Deboli, melanconici, pallidi e quasi cadaveri ambulanti? Poveretti erano affetti da un male sui generis chiamato, almeno qui da noi, la malattia dei minatori. - Arrivati a casa si mettevano in cura; ma ad onta di tutte le premure, per lo più l'esito fu poco buono e per qualcuno anzi letale. Ma quando sembrava ormai disperata la salute di tanti cari giovani, speranza della famiglia e della patria, ecco una buona novella diffondersi in queste valli, qualmente a Pisogne sul lago d'Iseo v'era un ospitale nel quale tutti gli ammalati della malattia de' minatori in poche settimane venivano curati e guariti perfettamente. Qualcuno de' nostri giovani infelici nello scorso autunno volle tentarne la prova, e in meno di 20 giorni ritornava a casa perfettamente sanato. Dopo il primo ne andarono altri, ne andarono molti, e tutti fin qui con esito buonissimo. Anche al presente ve ne sono alcuni sotto cura e scrivono che fra pochi giorni ritorneranno guariti.
- Fanfaluche! dirà qui qualche solito compare incredulo. - Signorno; è anzi verità così lampante che questi giovani guariti sarebbero capaci da farla intendere anche ai sordi, magari a pugni; tanto si sentono in forze.
Sì, sì sarà; ma a qual fine pubblicare sui giornali? E' nientemeno che una specie di reclame in favore del detto ospitale, è un far sfigurare la scienza. - Compare adagio, la sbagliate di grosso, e vi compatisco solo perché la testa non vi regge, come a tanti altri in questi dì carnovaleschi. Io, vedete, non intendo altro che far sapere a chi ancora l'ignorasse, esservi a questo mondo, anzi poco lontano da noi, un rimedio sicuro pella malattia dei minatori e con ciò consolare qualche famiglia, forse ancora disperata sulla salute di qualche suo caro, affetto di un tal male. Anzi, comparetto mio, non voglio neppure che crediate alle mie fanfaluche, come voi le chiamate; vi prego solo di interrogare questi nostri giovani guariti, o se meglio v'aggrada, mirate al sorriso, al brio, alla vita ritornata loro in sì breve tempo e n'avrete per risposta molto più che non vi diss'io. Va bene così? Allora, amici come prima, e buona quaresima.
R.
Emigranti del Bleggio (Gianni Tosi)


Nessun commento:

Posta un commento