mercoledì 23 gennaio 2013

III. Campo - Vigo - Dasindo


                     III. Campo – Vigo – Dasindo            9 luglio                                           Torna all'indice
In sole tre ore di commodo andare si possono percorrere questi tre paesi del Lomaso; il tempo più propizio della passeggiata può essere prima delle ore 10 di mattina o dopo le 4 di sera per non essere affrontati sgarbatamente dall’ôra del Garda, che dalla valle del Lomasone soffia a dovere.
Campo Lomaso in una cartolina d'epoca (Gianni Tosi)
Si ascende all’altipiano dal Ponte delle Arche per la strada di Rotte, e dopo mezz’ora siete subito a CampoMaggiore. Vogliasi o no, è questa la Capitale morale delle Giudicarie esteriori, sebbene Vigo sia capitale religiosa, e Stenico quella politica. Dunque Campo sta alle Giudicarie cisduroniane come Milano all’Italia! Scusate del paragone, e tiriamo innanzi.
Campoluogo romano, vi presenta bella estensione di piazze e pulitezza di fabbricati, e, toltone il classico coperto medioevale della casa comunale, quasi tutto il resto è all’altezza de’ tempi da sorpassarne qualunque luogo della vallata. Ciò è naturale, perché il tasso della sovrimposta comunale vi è pure sovrano a tutti. La chiesa con campanile guelfo è congiunta ad un ex convento di Riformati, soppresso da Napoleone. Con questa soppressione dolorosamente andarono dispersi tanti scritti riferentisi alla storia giudicariese, raccolti da’ quei buoni claustrali. Dalla chiesa ritornando al paese, troviamo l’antica  farmacia Alimonta ora condotta dal sig. Vero Sartorelli che ne fece un gioiello da contentare le più delicate esigenze e da assicurare pienamente medici e medicati. Preso poi qualche ristorante in una delle trattorie Vaia, Mora e Maino, sollecitiamo il passo per la visita alla regina del luogo, la Villa Lutti, chè ben lo merita. 
Sia che vi fermiate all’esterno, sia che ne consideriate l’interno, troverete buon gusto e senso di arte dapertutto, e finirete per restare stupefatti della splendidezza della sala al primo piano della Torre. Contigua avvi la filanda, la quale ogni anno fa progressi. Quest’anno troviamo un vuoto grandissimo nella raccolta de’ bozzoli del Distretto, e dalle tabelle di provista, possiamo dedurre con sicurezza l’enorme danno sofferto da questa valle per la gelata del Maggio pp. nel solo ramo bachicoltura. Si portano è vero dal Distretto alcune piccole partite di bozzoli di ritardata riproduzione, ma è proprio niente in confronto d’altri anni! Preso pel viale della Chiusura dal lato di mattina, eccoci subito sulla strada che conduce a Vigo. Nella traversata, perfettamente piana, si resta meravigliati alla vista della campagna sì minutamente suddivisa in tanti appezzamenti di varia coltura, che se da un lato ha del mosaico, vi nota del resto che ogni famiglia è possidente ed indipendente, con sommo vantaggio pel progresso sociale. L’orizzonte poi incanta per la sua estensione, e ben pochi sono i luoghi nel Trentino che vi presentano eguale spettacolo. Le raccolte quest’anno si presentano meschine. Ma eccoci al paese. Vico di Lomaso (Vicus) è luogo romano per eccellenza; così ne parla l’Orsi1
“Vi si trovarono diverse iscrizioni romane. Il luogo dovea essere importante, perché un’epigrafe ricorda il Curator Populi, carica propria anche dei vici e che avea autorità eguale all’aedilis ed al magister. Abbiamo ancora are a Giove e Silvano. Sic come in queste iscrizioni si fa menzione di gente bresciana, che occupò cariche onorifiche (come L. Cullonio Primo, decurione di Brescia e comandante di un’ala di cavalleria, L. Settimio Macrino, cavaliere, prefetto I. D.  – jure dicundo –  e quinquennale di Brescia), così io credo, che quello fosse un luogo dove signori bresciani avevano loro possedimenti e si ritiravano a godere i freschi estivi.
Ho enumerate le divinità, che vi avevano culto; ed io penso che la Chiesa parrocchiale (decanale) sia stata edificata presso un delubro. Difatto credo che la capella dei Confratelli (della disciplina) che forma un corpo tutto staccato dalla Chiesa, alla quale fu unita più tardo con una piccola navata, fosse un tempietto. La sua struttura poligona, il modo di costruzione, di gran lunga più antico di quello della Chiesa (che è per lo meno del secolo XIII)2; il fatto, che solo fino ad una certa altezza i muri mantengono la struttura antica, lo scorgere ancora in tre o quattro lati avanzi di finestre o porticine assai basse ed otturate, il che fa credere che il livello attuale sia molto più alto dell’antico, e la somiglianza del complesso dell’edificio con altri tempietti romani, che in diversi luoghi ho veduti, tutto ciò mi farebbe ritenere d’origine romana quella cappelletta.
Concorre ad accrescere la probabilità di questa mia opinione il fatto, che ivi murate trovansi due iscrizioni, una delle quali sacra a Silvano (è un’ara), l’altra parla di un edificio innalzato dal “curator populi” del luogo. Una ricorderebbe l’erezione del delubro, l’altra sarebbe l’ara della divinità a cui era dedicato. Là presso avvi anche l’iscrizione di Giove (ora collocata in più sicuro luogo nella base del nuovo campanile), e nel bugnato della Chiesa parrocchiale veggonsi frammenti di pietre lavorate e bassorilievi, scanalature ed altri ornati, pietre che certo devono essere state tratte con molte altre da un edificio colà esistente prima della Chiesa. Ed io credo fermamente, che se un giorno si dovrà abbattere per qualche ragione un tratto o l’altro di quelle muraglie, verranno alla luce altri bassorilievi e forse anche iscrizioni”.
Fin qui l’egregio nostro Archeologo. Agli amanti di cose patrie del luogo si raccomanda tutta l’attenzione in ogni scavo che avviene in paese, perché potrebbe con tutta probabilità fruttare materiali preziosi per la storia. Mi si dice che anni fa fu trovata vicino alla strada tra Vigo e Campo un’urna di pietra e che poscia condotta in paese andò perduta! Non avvenga mai più di simili jatture in un paese sì fecondo di persone educate!..
Il paese è propizio alla pastorecchia, ed il nuovo casello modello che vidi in fine di costruzione, darà certo valido incremento a questo cespite d’entrata, da rimediare ad un passato indecoroso e dannoso. Bravissimi que’ soci che, dato un calcio al passato, si misero in una via di progresso bene inteso. L’avvenire coroni i loro sforzi giovanili e sia il loro esempio sprone ad altre imprese, che dormono neghittose per mancanza d’iniziativa.
Passato il ponte sul Dallo, ed esaminate de visù le lapidi romane al colle della Chiesa, nel ritorno per  Cajano (nome di pura romanicità) non mancate di dare uno sguardo alla Valle del Lomasone che s’estende per ben due ore a mezzogiorno. La strada che vi conduce, sempre ombreggiata da due file di olmi e frassini, il verde giulivo ed i fiori olezzanti de’ prati, il placido Dallo che serpeggiando sfiora le zolle, o bagna le frondi degli ontani che s’umiliano sul suo percorso, hanno certo del romantico, e se davano l’estro poetico ad un Jacopo Vargnano d’Arco, non possono a meno di elettrizzare ancora il visitatore che ascende dal Bagno di Comano, ove la cetra pende muta dai pali del telegrafo! Era pure in questa valletta che l’illustre Maffei passava ogni autunno soavi mattinate cacciando colla civetta. Oh rimembranze!...
Ma ecco a sera la bella Dasindo ci attende; studiamo il passo chè l’ora del ritorno s’appressa. La Chiesa del luogo è di classica architettura; bellissima la porta, ricchissimi gli altari dorati e lavorati in legno. Era una volta un Santuario di M. V. Assunta in cielo; conservasi ancora un regalo di illustre divoto, consistente in una collana d’oro con brillanti e pietre preziose, di gran valore, ma presentemente di danno alla fabbriceria, dovendone pagare il relativo equivalente d’imposta. Non essendo preziosa per la rarità né per la storia, ma solo pell’entrinseco valore, non sarebbe forse miglior cosa, previo permesso, venire alla vendita di quella, onde col ricavato formarne un’altra di poco valore ma eguale nella forma, e col resto capitalizzato conservare in miglior stato la Chiesa monumentale? Videant consules! Dasindo è il paese natio di Prati, e come non correre a salutare la sua culla? Ma ahi! Che una lagrima ci cade tosto dal ciglio in segno di mestizia pel cantore della morte del Tasso! Una modesta iscrizione, di recente messa nella facciata a mezzogiorno, porta:
CASA . PATERNA .
DI . GIOVANNI . PRATI .
POETA .
EBBERO . DA . LUI . GLORIA .
DASINDO . TRENTO . ITALIA .
Semplice dettato, ma tutto verità che rende onore alla nobile mano che la scrisse ed a tutte sue spese ve la pose. Ma lagrima il ciglio a vedere la modesta casa in via di evidente deperimento, da far temere, che ove non siano cuori generosi che concorrano a ripararla prontamente, non vada in sfacelo. Ma no; ciò non avverrà, perché Dasindo, Trento ed Italia sentono viva gratitudine pel lustro ch’ebbero dal nostro poeta, e la modesta casa sua paterna starà a monumento de’ posteri. 
Alla società pro Patria ed al gruppo di Campo, che desidererei si chiamasse col bel nome di gruppo Prati, l’iniziativa di sì bell’impresa. Con tale lusinghiera fiducia ritorno alla mia dimora, sperando domani proseguire le mie escursioni.


1)Topografia del Trentino. – Rovereto, 1880.
2)Nell’anno 1841 si venne ad abbattere, perché pericolante, il Campanile di questa Chiesa, acuminato, ottangolare alla base della punta, portante 4 croci. Sull’ultima pietra capovolta, su cui poggiava la sfera colla croce della punta, si leggeva le seguenti cifre:  1.X.8.8. Ai dotti l’interpretazione; secondo me potrebbe essere l’anno 988 od anche il 1088. Ad ogni modo nel prossimo anno sarebbe il centenario.

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