sabato 26 gennaio 2013

VI. Villa - Tavodo - S. Lorenzo

VI. Villa – Tavodo – S. Lorenzo.                                                                                    Torna all'indice
Questa volta non sono solo nella lunga gita; un asinello compagno viene in aiuto propizio. Dalla Fonte Cumana per ripidissimo calle siamo presto a Villa, ove parecchi miei compagni, bevitori d’acqua, prendono e vitto e alloggio. Qui mi colpisce il campanile di nuovissima costruzione, il quale disgraziatamente non sta in proporzione colla medesima chiesuola. Sperasi che i buoni villani penseranno anche al principale, dopo aver compiuto l’accessorio. Nel circondario del paese e su su fino a Sclemo vedonsi molte viti coltivate, in qualche luogo, secondo le regole di Nane Gastaldo; peccato che quest’anno le abbia rovinate il gelo. Da Sclemo, discendendo per romantica valletta tra boschi e prati, poco dopo eccoci a Tavodo, sede della Parrocchia del Banale. Banale è nome generale, come quello di Lomaso e Bleggio né più né meno. La Chiesa è di antica architettura, di buon gusto e ben posta. Tra la serie dei parochi di Banale, la quale comincia già dal 1208, poco su poco giù come di quelle di Lomaso e Bleggio, trovo di ricordar qui Carlo Orlando de Lutti di Poja, Dottore di S. Teologia (1707-1763). Questi era ancora poeta e diede alle stampe coi tipi di Gio. Ant. Brunati un opuscoletto sotto il titolo “Le litanie della Vergine contate in Pindo dalla Musa Toscana, di Carlo Orlando Lutti, Trentino, Arciprete del Banale. (Si vede che la parola Trentino è da un pezzo in bocca ai nostri sacerdoti, e non è già una moda moderna come bestemmiano gli Austriaci ed i Tirolenses.) Questo sacerdote era poi dotato di tale memoria che ripeteva subito e nel medesimo ordine 200 parole delle più strambe ed esotiche che gli fossero state dette una volta sola! Morì di 89 anni, dopo 56 di parrocchia e fu sepolto nella Chiesa parocchiale, facendogli l’elogio funebre il Dottore Carlo Agapito Mosca, Arciprete del Bleggio. Morì il nostro Dottor poeta in tale povertà che il fratello Lodovico, Capitano di Brentonico e poscia Consigliere Aulico di Trento, dovette sostenere lui le spese del funerale. Nella facciata di questa Chiesa, sotto l’atrio, evvi pure una lapide alla memoria del D.r Giovanni Serafini di Ragoli, medico distinto e peritissimo nelle scienze naturali, (n’era stato professore all’università di Pavia) morto ai 27 luglio 1850 (gettato a terra sulla piazza di Dorsino dal proprio cavallo ch’egli volea arrestare, mentre imbizzarito scorazzava attorno senza ritegno. Chi aggiunge questa nota, si rammenta benissimo la grave figura del dottore e l’obito grandioso che gli fu fatto con un concorso straordinario di popolo. R.) Egli è chiamato dal Perini Genio benefico di queste Valli giudicariesi. 
…Ma proseguiamo il viaggio per S. Lorenzo. La tetra valletta per cui ora passiamo, formata dalle corrosioni del Rivo d’Ambies, ci lascia vedere la Tosa e le punte vicine, ed un’aria fina fina che discende da quelle gole, se siete alpinista, vi elettrizza, se siete poggiapiano vi mette i brividi di spavento. Che volete? siamo fatti così, ed i gusti, sono varii ed ancora opposti circa il medesimo soggetto. Traversato il modesto ponte del torrente, siamo subito a Dorsino e qui la scena è tutta mutata. Dalle ghiaje nude della valletta siamo d’un tratto passati alla vegetazione la più rigogliosa, ed io credo che in questi dintorni e giù giù fino ai burroni della Sarca siavi la plaga migliore delle Giudicarie esteriori. 
Le Moline di San Lorenzo in una cartolina
d'epoca (Gianni Tosi)
Difatti a Dorsino ed a S. Lorenzo voi ammirate i più bei vigneti coltivati all’ultimo gusto. Se poi ne assaggiate i prodotti, voi restate sorpreso trovandovi dei Riesling, dei Borgogna e dei Portoghese che credete originali, e sono invece indigeni! Eppure, dirà il lettore, non fu qui ove per poco si introduceva il flagello delle viti, la fillossera, coll’importazione da luoghi infetti di majuoli e barbatelle? Si, proprio qui, e se volete farvi additare i singoli luoghi dove quelle viti vennero piantate, voi troverete ora il vuoto fatto dalle disinfezioni praticate. 
Anzi di più; que’ solerti viticultori sono là tutto occhi alla ventura vegetazione, per vedere se mai potesse darsi qualche indizio di infezione, onde subito dare addosso all’inimico. Io spero che per questa parte non v’è più da spaventarsi per ciò; resta solo di far voti che ovunque si pratichino con attenzione quei rigori che si usano qui, onde tutto il Trentino ora e sempre sia esente dal temuto flagello. Fatta una traversata ai varii paeselli onde consta il Comune di S. Lorenzo e visitata la stazione metereologica presso quel R. Curato, non manchiamo di ascendere il monticello ove sono i ruderi del Castello Mani, di certa origine romana perché vi ricorda un tempietto ai Diis manibus. Anche di qui godesi la più pittoresca delle scene. A mezzogiorno voi vedete tutta l’estensione delle Giudicarie Esteriori nella sua imponenza; a sera su su per gli orrori della Valle d’Ambies voi scorgete le ultime nervature del Gruppo di Brenta e salutate le nevi eterne; a settentrione la frazione delle Moline e più su il Lago di Molveno; a mattina il Limarò cogli abissi della Sarca che mugge tra profondi burroni. Il punto è strategico per eccellenza, e se non vediamo alcun fortilizio, è perché lo dà già la natura del luogo. La strada che vi passa al piede e che poi per Molveno si prolunga per la Valle del Nosio, era la sola libera alla ritirata del 1866, e per questa passarono tutte le truppe che stanziavano in Giudicarie all’ultim’ora. Ma discendiamo dal promontorio e, mutando strada, ritorniamo per Andogno al nostro albergo. Il ciucciarello sentendo il bisogno della greppia, accelera il passo senza tanti stimoli, e già all’ora della cena salutano il mio ritorno gli altri soliti commensali, desiosi poi d’udire i poveri appunti del mio taccuino.

Nessun commento:

Posta un commento