Almanacco agrario pel 1892 pp. 145-153
Articolo di don Mentore, pseudonimo di don Guetti, sull'Almanacco Agrario pel 1892 riguardante il ruolo della famiglia.
Si vuole ch'io continui a scrivere nell'Almanacco, e scrivere cose pel nostro popolo chiare, utili e morali. Non v' è modo di liberarsi, bisogna proprio subire il comando. Cose chiare ? s' intende; che altrimenti è inutile scrivere quando nissuno capisce. Cose utili ? Anche; giacchè nè io nè altri al mondo, può, senza commettere grave delitto, nuocere altrui collo scritto come con altro mezzo qualsiasi. Cose morali ? Anzi, questo è il libro che di frequente scorre nelle mani del popolo, e tutti i giorni, ma certo poi ai quarti di luna per consultare lo strologo, sta sotto gli occhi dell' agricoltore e quindi una dose proporzionata di morale farà 1' effetto il più salutare. Tutto appuntino; dunque mano alla penna.
Però intendiamoci bene pria di tutto. Le cose che questa volta sarò per dirvi non sono mica effetti di fantasia, uso giornalista, ma trattandosi di morale, è tutto insegnamento della Chiesa levato di pianta sia dalle lettere sapientissime del Papa, sia dei Vescovi che in ciò devono essere sempre i nostri maestri. Don Mentore c' entra come spigolatore e per trar in moneta quelle cose che forse potrebbero essere non bene intese, e niente più in là. Ciò premesso, ed augurando ai 10 mila lettori l' anno 1892 ricolmo d' ogni felicità, vengo subito all'argomento importantissimo.
La famiglia.
A bella prima, potrà dirmi qualcuno, vi pare, D. Mentore carissimo, che sia questo un argomento come lo dite voi importantissimo? Rispondo subito e vi dico chiaro e netto, che non già al mio modo di vedere e di sentire, ma al dir di tutti i più sapientemente dotti del mondo, cominciando dal Papa, questo è argomento della più grande importanza, specialmente al tempo nostro nel quale le idee più balzane si vanno propagando anche su quelle cose che non dovrebbero ammettere discussione. La famiglia per es. è da ritenersi per una delle creazioni che manifestano nel modo più tenero la sapienza di Dio e la dignità dell' uomo, eppure quanti spropositi non si leggono e si odono ogni giorno contro questa sì bella creazione? Perfino vi furono degli empi che osarono chiamare la famiglia: una delle più odiose istituzioni del tempo passato! Dalla famiglia ci vengono tutti i beni, i tesori che sortono dal suo seno sono senza paragone, ma possono dalla stessa avere origine de' grandissimi mali ed ecco da qui due differenti correnti, quella della Chiesa e dei buoni che tutto fanno per tener la famiglia in quel conto che si merita, e quella del Demonio e degli empi che fanno di tutto per deprezzarla e per rovinarla.
Ma voi, miei buoni contadini, amate la famiglia e voi la volete quale la vuole Chiesa e quindi ch'essa resti cristiana sempre ed è ciò che desidero io pure con quel poco che ora vi verrò dicendo nei seguenti punti.
Il matrimonio.
Quello che costituisce la famiglia è il matrimonio. Ma il matrimonio non è una cerimonia qualunque, nè un contratto qualsiasi come si pretende dai poco sapientoni d' oggidì. Il matrimonio è contratto sacro per sè stesso, per sua natura, per propria sua forza, lo dice il Papa in una sua Enciclica e precisamente con queste parole, che non hanno bisogno di traduzione, tanto sono chiare: Matrimonium est sua vi, sua natura, sua sponte sacrum. Avendolo poi Gesù Cristo elevato alla dignità di sacramento, il matrimonio, sacro per natura, divenne anche grave perchè raffigura l' alleanza di Gesù Cristo con la Chiesa. Il matrimonio forma un tal quale sacerdozio, nel quale il padre e la madre dalle affezioni umane e dagli interessi materiali passano alle sfere più nobili e sante in modo, che trovano in esso una sorgente di grazie per santificarne l' amore, proteggerne gli obblighi, temperarne le amarezze.
Ma quante guerre si mossero e si muovono dai cattivi contro questo sacramento! La sua unità, la sua indissolubilità, i doveri degli sposi, tutte le leggi naturali e divine in proposito, tutti i suoi obblighi più sacrosanti, furono messi in derisione; e, sia nei romanzi, sia nei teatri e perfino nelle leggi civili, si tenta di farlo rappresentare come un contratto qualunque da disfarsi a piacimento come una convenzione delle più volgari! Ma voi, miei buoni amici, non badate a costoro.
Si faccia pure e si tenti tutto, ma il matrimonio per voi e per tutti i cristiani, resterà sempre un gran sacramento, cinto di quell'aureola datagli dal Salvatore, e giammai perversità o potenza umana varrà a sciogliere quelli che Iddio ha uniti; e se mai tribunali umani giusta proprie leggi arrivassero a dichiarare nullo un tal contratto, potrà bensì questo perdere gli effetti di una legge civile, ma davanti alla coscienza, alla Chiesa, a Dio, resterà sempre nella sua forza di prima e quel sì pronunciato dinanzi all'altare, cessa solamente colla morte.
Dunque?
Dunque da tutto questo sarà facile intendere quale deve essere lo spirito di coloro che aspirano a fondare una famiglia coniungendosi in matrimonio. Non deve essere questo un affare di capriccio, nè di umane passioni, ma è affare che richiede una scelta giudiziosa e tutta conforme ai disegni di Dio. Lo avrete sentito più volte a ripetersi quel proverbio, che c' è anche da noi, cioè: che i matrimoni sono scritti in cielo; ed è ben detto; dunque
non dobbiamo scriverli noi a nostro capriccio. Gli sposi sia per somiglianza di gusti, sia per l' apporto d' inclinazione, sia per doveri reciproci sono chiamati a formare una cosa sola e come dice la Scrittura Sacra: saranno due in una stessa carne. Quindi importa assai alla felicità della vita di non sbagliare nella scelta. Per eleggere il compagno o la compagna della vita non devesi giammai andare alla leggiera, ma sempre consultare Colui che stabilisce i destini degli uomini e ne tiene il secreto. Solo allora si troverà la vera felicità. Ma tutti i matrimoni oggigiorno si fanno così? Sapete voi chi sono i consiglieri di tanti matrimoni, per non dire della maggior parte? Una cieca passione di amore sensuale, i calcoli di un vile interesse, o, ripetiamolo ancora il capriccio. E poi si dovrà lagnarsi che questi matrimoni sì raramente sono felici? Come volete che possa far bene la benedizione della Chiesa sopra sposi che si presentano all'altare in onta ai divini divisamenti e forse peggio col sacrilegio in fronte ?
Ma voi, miei buoni compatriotti, godo a rammentarlo, non fate e non farete così. Voi sapete che se il Signore non edifica la casa, lavorano invano coloro che vogliono inalzarla, e quindi per voi sta il solo matrimonio cristiano contratto con rette intenzioni da anime purificate dalla penitenza e quindi degne delle più elette benedizioni.
La prole.
Sapete voi qual' è la più grande benedizione che Iddio concede al matrimonio? È la prole. Il figlio è la speranza, è l' avvenire nella sua forma più sorridente, è il fiore sospirato che preannunzia il frutto destinato a consolare la famiglia, la Chiesa, la società.
La Chiesa! oh com' è tutta premura a raccogliere dalle vostre braccia questo frutto aspettato! Lo prende essa pure tra le sue braccia, lo purifica separandolo dai profani, lo segna del suo proprio sigillo e non aspetta che sia appena capace d'intendere la sua voce materna, per rivelargli gli alti suoi destini, per sviluppare nell'anima sua tenerella i primi germi della virtù e della grazia ch'ebbe già in dono a bella prima nel santo Battesimo.
Ah sì, ripetiamolo adunque, felici quelle famiglie pelle quali s' avvera appuntino quel voto che loro fa la Chiesa nel dì delle nozze. Si moltiplichino intorno alla tua mensa i figli, come fresche pianticelle d' ulivo. Una numerosa eredità è l'ereditaggio che Iddio riserva al giusto.
Lasciamo che sorridino i mondani a questa dottrina; essi che paventano per iscopi di puro umano interesse, il moltiplicar della prole, non son degni di tanta benedizione di Dio, e consoliamoci, che costoro non ci appartengono, e quindi ripetiamo con affetto di sinceri cristiani: sì la prole è pegno di benedizione per l'uomo, che teme il Signore: Ecce sic benedicetur homo, qui timet Dominum.
Doveri de' genitori.
Il figlio è una benedizione, ma è ancora un sacro deposito. Esso è dato da Dio ai genitori affinchè lo custodiscano per Iddio per averne poscia la dovuta ricompensa. Questa custodia non deve farsi a beneplacito solo de' genitori, ma giusta i voleri di Colui, che tutto regge. I genitori sono tanti cooperatori dell' Onnipotente, il quale affida loro la grande e nobile missione della educazione della prole, ed a suo tempo ne domanderà strettissimo conto.
Vediamo in breve in che cosa consista questa educazione voluta da Dio.
Nel fanciullo si distinguono tre vite, le quali si devono tutelare, sviluppare, formare ; la vita fisica, la vita intellettuale e la vita morale. Non parliamo della vita fisica, perchè la voce della natura parla già assai forte in questo punto; forse si pecca di esagerazione con pensarci troppo da questo lato; il nostro secolo materialista dà assai peso alle comodità della vita con una male intesa tenerezza pella fanciullezza e pella gioventù; da qui invece di generazioni educate alla robustezza maschia ed austera, non abbiamo che temperamenti linfatici e fiacchi.
Riguardo alla vita intellettuale poco ho da dire, perchè, grazie a Dio, se i mezzi di avviarla non sono tutti in casa, gli abbiamo nelle numerose nostre scuole popolari, nelle quali insegnano finora maestri nostri ed educati come noi, e perciò sinceramente cristiani. A queste scuole i genitori si devono imporre strettissimo dovere di mandare la propria prole, e non solo questo, ma devono procurare di cooperare assieme ai maestri ed alle maestre per sviluppare quell' intelligenza, che Domine Iddio sì largamente elargisce ai figli del nostro popolo. Lungi dai genitori di commettere quell'enorme latrocinio, quale si è quello di privare con pretesti da poco, o per vile interesse i propri figli della istruzione popolare della scuola, allontanandoli dalla stessa anzi tempo.
Ma il dovere principalissimo de' genitori deve essere quello di curare la vita morale de' proprii figli. È l' anima che costituisce l'uomo. Questa figlia del Cielo, bella e pura, creata ad imagine di Dio unita al corpo de' figli vostri, è capace delle più grandi virtù, se alla virtù viene informata. Ecco, o genitori, il dovere dei doveri! Nè maestri nè sacerdoti possono sostituirvi in tanto ufficio! A voi padri e madri tocca far nascere al cielo coloro a cui deste la vita di un giorno; e prima di tutto vi è chiamata
La madre.
O madre cristiana, a te spetta inaugurare questo dolce e nobile ufficio di educare 1' anima de' figli tuoi ! Fra le tue braccia e sul tuo cuore essi devono trovare la prima scuola; sulle tue ginocchia devono per la prima volta piegare le loro. Appena spunta l' intelligenza siate sollecite, o madri, a parlare ai figli vostri di Dio, che li ha creati, che li conserva, che li vede, che li sente, che è da per tutto. Vedete ? Il primo bisogno, che ha il figlio, è Dio; al Cielo tende le sue manine; a Dio si piega spontaneamente, come il fiore piega verso il sole il tenero suo calice!
Il primo suo istinto è sempre l' istinto religioso. Voi dunque siate ai figli i primi interpreti della Rivelazione, voi avete oltre l' obbligo, la potenza di far penetrare in que' teneri cuori le prime nozioni della Religione e del dovere; voi dovete piegare quelle manine innocenti e rivolgerle in bell' atto verso il cielo in modo di preghiera, voi avvezzarle con pietà all'augusto segno della Redenzione. I nomi di Gesù e di Maria, uniti a quelli di mamma e di papà, siano i primi, che sfiorino le loro labbra; vostro gusto quotidiano sia quello di far apprender loro la lingua della patria celeste, come godete far conoscere quella della patria terrestre. Non si può dare eloquenza umana, che superi quella della madre, quando essa lascia parlar la sua fede sotto l' ispirazione degli affetti materni! Niente lascia nel fanciullo più profonda impressione e più durevole, quanto il parlar della sua mamma, niente eguaglia o può sostituire sì fatto insegnamento. O madre mia, che non sei più su questa terra viva col corpo, oh quanto ti sento ancora a me presente pe' tuoi cristiani insegnamenti, che fin da piccino appresi sulle tue ginocchia! Oh sia benedetta la memoria tua mille volte e mille!....
Il padre.
Il padre dovrà esso rimanere estraneo all' educazione del figlio? Mai no. Noi in bella lingua italiana chiamiamo il focolare domestico il Santuario della famiglia; e sta bene, lo è senza dubbio, e se la madre ne è l' angelo, il padre ne è il sacerdote. Ed in vero, il padre ha tale diritto sulla sua famiglia, quale non ha il Principe nel suo regno, ma sibbene hanno i ministri di Dio, quello cioè di benedire i figli suoi; e quanta efficacia abbia la benedizione del padre, la Scrittura Santa ce lo attesta a più riprese. Il padre! Oh nome grande, nome autorevole, nome venerando! Oh egli ha un vero ministero da compiere colla sua prole, ed ancor più della madre è obbligato a coltivare quelle anime che gli furono da Dio affidate! Non tanto quest' obbligo lo deve fare collatenerezza materna, o con le parole del cuore, quanto invece col buon' esempio. Il buon' esempio! ecco l'obbligo primo e il più rigoroso che ha il padre in faccia alla famiglia! La ragione è chiara e semplicissima. Pel figlio nissuna autorità sopra la terra è superiore a quella del padre suo. Il figlio non sospetta neppure che nel padre si possa dare alcunchè di cattivo, anzi nissuno a' suoi occhi è migliore del suo genitore, ed in tutto per istinto cerca di imitarlo. La vita del padre è un libro, nel quale il figlio cerca la regola della propria vita. Ora, se mai sopra questo libro non vi fosse scritto tutto bene, se vi si trovassero degli spropositi,quale la conseguenza? Quale il padre, tale il figlio, dice un nostro vecchio proverbio, e nella sua generalità è sempre vero. E quindi secondo gli esempi de' padri, i figli prenderanno l'abitudine o della virtù o del vizio, del bene o del male e di conseguenza essi più tardi diverranno la consolazione dei genitori od il loro castigo. Oh padri, questo pensiero vi faccia temere qualunque cosa che possa essere di scandalo a' figli vostri, e vi sia anzi di stimolo a vivere in modo da essere loro sempre ed ovunque una predica vivente di tutti i doveri.
Tutti assieme.
Il primo dovere che ci viene dalla religione è di conoscere Iddio, e tosto ne segue quello d'adorarlo, d'amarlo e servirlo. E come si può far ciò senza la preghiera, che è un sì bell' atto d'amore od il modo migliore per avere quelle grazie di cui abbisogniamo ogni momento? Ebbene fa d'uopo che il padre e la madre preghino. Ma per dare alla preghiera tutta la sua efficacia, e per renderla proficua all' intiera famiglia, sta bene pregare tutti assieme. Se due o tre saranno uniti in mio nome, dice il Signore, io sarò in mezzo a loro. E come mai non sarà Iddio con tutte le sue grazie in mezzo a quella famiglia cristiana, ove si prega in comune? La scena è sempre commovente, tocca il cuore anche del più scettico, il vedere il padre e la madre prostrati a terra in atto di preghiera circondati da tutti i loro figli! E non lo farete voi, o genitori cristiani? Se alla mattina forse con difficoltà potete riunirvi alla stessa ora o nello stesso luogo, lo potete però sicuramente alla sera, perchè finiti i varii e molteplici lavori della giornata un solo tetto vi raccoglie. Oh allora come è bello, come è salutare il mettersi tutti assieme in ginocchio, alzare la mente a Dio, confondere i cuori tutti stretti in un sol' atto di amore a Colui che tutto può, e che allargherà le suo benedizioni sul padre e sulla madre e sopra quelle tenere pianticelle che tanto abbisognano di abbondante rugiada celeste per divenire alberi dai buoni frutti.
Più volte si sente ripetere da genitori quell'eterno ritornello, che i figli adesso non sono sì ubbidienti, sì morigerati, sì amorosi come un tempo. Sarà anche tutto vero ciò, ma donde la causa prima? Forse dalle cattive compagnie, forse dal mal costume e dall'indifferentismo religioso che cammina ovunque a testa alta? Può darsi che anche tutto questo concorra a pervertire la gioventù, ma la causa prima io la trovo sempre nei genitori, i quali pur troppo ai nostri giorni hanno dimenticato i loro doveri sacrosanti, e quello in ispecie di precedere col buon esempio in tutto, ma singolarmente nei doveri religiosi i loro figliuoli. Quanti genitori sono esemplari nella preghiera e nei sacramenti, come lo erano i nostri vecchi? Ma dunque come pretendere che sieno buoni, ubbidienti, morali que' figli, i quali per disgrazia non vedono mai il padre loro a piegare un ginocchio, e forse neppure a soddisfare al precetto della Comunione pasquale? Non si pianga adunque alla demoralizzazione della gioventù, piangiamo invece sopra il mal' esempio, e l'indifferenza ai doveri religiosi di tanti padri sconsigliati. Ma... scusate, miei buoni popolani, lo so, voi non seguite il cattivo andazzo del tempo, ma state sempre attaccati ai precetti della nostra madre la Chiesa, ed alle buone costumanze de' nostri antichi, e quindi non rimproveri a voi, ma siate benedetti le mille volte; la fede operosa de' nostri nonni vive e vivrà in voi e ne' vostri figli fino alle tarde generazioni, e questa sarà quella che vi salverà nel tempo e nell' eternità. Con questo fervido voto, di cui maggiore non si dà, vi lascia, con un arrivederci ad un altro anno, il vostro
Don Mentore.
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